di Mario Palmaro
Nella sua ormai
lunga vita, quanti digiuni ha fatto
Giacinto Pannella detto Marco?
Nessuno può dirlo con precisione:
ogni tanto accendi Radio Radicale e
scopri che Lui ha deciso di non
mangiare e/o di non bere più. Può
essere per il plenum della Corte
costituzionale o per salvare la
ghirba a Saddam, ma il metodo è lo
stesso. E da quel momento è tutto un
susseguirsi di bollettini medici
sempre più allarmati, di appelli
drammatici, di comparsate televisive
in cui il vecchio guru radicale
pronuncia con fatica la sua sentenza
sul caso in questione. Poi, però,
alla lunga, anche il nostro Marco si
conferma un radicale poco
transnazionale e molto italiano, e
finisce, è il caso di dirlo, a
tarallucci e vino. Perché a un certo
punto, come tutti sanno, i digiuni
finiscono anche se l'obiettivo non è
stato raggiunto. Ma non fa nulla,
perché, intanto, come accade sempre
nella strategia radicale «il
problema è stato posto», un'altra
«battaglia civile» è stata lanciata.
La cosa strana, in questo balletto
ormai logoro, in questo copione già
visto decine di volte e sempre
uguale a se stesso, è che Marco
Pannella suscita nel panorama
italiano due reazioni opposte. Da
una parte, l'uomo della strada che
ha imparato a prendere questi
digiuni per quello che sono: una
sceneggiata ipocalorica che esibisce
tanti lipidi, carboidrati e proteine
quanta serietà. Dall'altra, il
circuito degli intellettuali, dei
troppi direttori di giornale e dei
politici: per costoro Pannella va
preso tremendamente sul serio, o
così almeno sembra. Dalle più alte
cariche istituzionali all'ultimo
usciere di una segreteria di
partito, è un rincorrersi di
telefonate e di telegrammi per
andare, almeno con il cuore, al
capezzale del «Grande Ammalato
Volontario».
C'è l'onorevole che sta dalla sua
parte e che, tutte le sante volte,
ne approfitta per ricordare che «Ah,
signora mia, se non ci fosse stato
Pannella con le sue battaglie
civili, l'Italia sarebbe ancora
ferma al medioevo». Poi c'è il
saggio senatore, che concorda con i
contenuti e non con il metodo, il
quale però si affretta a dire che «Pannella
ci vuole e se non ci fosse
bisognerebbe inventarlo». E ci sono
persino colleghi che non sono
d'accordo con il Marco, ma che
riconoscono comunque che lui è «un
personaggio di indiscusso valore
morale, un idealista, uno con cui si
può non essere d'accordo, ma che
merita il rispetto della nazione
tutta».
In questo quadretto da libro Cuore,
nel quale Pannella è una specie di
piccolo scrivano fiorentino, a
prescindere, noi proviamo a fare una
modesta proposta: signor Pannella,
coerenza innanzitutto. Voi radicali
volete accontentare chiunque rifiuti
di curarsi? Ebbene: applichi lo
stesso criterio anche durante i suoi
satyagraha. Nessun medico osi
imporre a lei «Grande Ammalato
Volontario» e «Coraggioso
Digiunatore» di riprendere a
mangiare o a bere, nessun politico
violenti la sua volontà implorandola
di desistere, nessun giornalista si
inginocchi al suo passaggio
chiedendole di scendere al piano di
sotto, dove regna l'umana
incoerenza. Bisogna pur tener conto
della sua «qualità della vita»:
quale senso può avere l'esistenza di
un uomo che vede frustrati i suoi
più nobili ideali da una società
insensibile al suo solitario
digiuno?
Signor Pannella, se lei manda tutto
a carte quarantotto dicendo che
rischiava di morire e ha interrotto
il digiuno su indicazione del
medico, che Pannella è? Faccia le
cose per bene. Faccia uno sciopero,
uno solo, magari uno scioperino, ma
ben fatto. E se non può fare di più,
ci regali almeno lo sciopero delle
comparsate in tv e sui giornali.