Continua la lettura di Nuove disposizioni del governo francese sulle Messe
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Continua la lettura di Nuove disposizioni del governo francese sulle Messe
Nonostante tutto, i cattolici sono ancora la minoranza più grande sul piano politico. Eppure politicamente non esistono. In queste elezioni politiche, escludendo quelli che mi hanno disarmato per la confusione e che hanno votato m5s o Pd, Continua la lettura di Nonostante tutto, i cattolici sono ancora la minoranza più grande sul piano politico, ma…
Noi cattolici siamo divisi, confusi e molto tiepidi, ma è doveroso per chiunque abbia una coscienza, ami la famiglia naturale e il Bene di ogni bambino di mettere da parte le divisioni, di svegliarsi dal torpore e dall’apatia e venire a Roma il 30 Gennaio per fermare il ddl Cirinnà. Possiamo fermarlo, dobbiamo fermarlo. Un sacrificio economico e fisico per un grande bene, ricchezza e tutela per ognuno di noi: LA FAMIGLIA!
IO CI SARÒ!
Fabrizio Verduchi
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
NOTA DOTTRINALE
circa alcune questioni riguardanti
l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica
La Congregazione per la Dottrina della Fede, sentito anche il parere del Pontificio Consiglio per i Laici, ha ritenuto opportuno pubblicare la presente “Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”. La Nota è indirizzata ai Vescovi della Chiesa Cattolica e, in special modo, ai politici cattolici e a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche.
Le attuali società democratiche, nelle quali lodevolmente tutti sono resi partecipi della gestione della cosa pubblica in un clima di vera libertà,[4] richiedono nuove e più ampie forme di partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini, cristiani e non cristiani. In effetti, tutti possono contribuire attraverso il voto all’elezione dei legislatori e dei governanti e, anche in altri modi, alla formazione degli orientamenti politici e delle scelte legislative che a loro avviso giovano maggiormente al bene comune.[5] La vita in un sistema politico democratico non potrebbe svolgersi proficuamente senza l’attivo, responsabile e generoso coinvolgimento da parte di tutti, «sia pure con diversità e complementarità di forme, livelli, compiti e responsabilità».[6]
Mediante l’adempimento dei comuni doveri civili, «guidati dalla coscienza cristiana»,[7] in conformità ai valori che con essa sono congruenti, i fedeli laici svolgono anche il compito loro proprio di animare cristianamente l’ordine temporale, rispettandone la natura e la legittima autonomia,[8] e cooperando con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità.[9] Conseguenza di questo fondamentale insegnamento del Concilio Vaticano II è che «i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune»,[10] che comprende la promozione e la difesa di beni, quali l’ordine pubblico e la pace, la libertà e l’uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell’ambiente, la giustizia, la solidarietà, ecc.
La presente Nota non ha la pretesa di riproporre l’intero insegnamento della Chiesa in materia, riassunto peraltro nelle sue linee essenziali nel Catechismo della Chiesa Cattolica, ma intende soltanto richiamare alcuni principi propri della coscienza cristiana che ispirano l’impegno sociale e politico dei cattolici nelle società democratiche.[11] E ciò perché in questi ultimi tempi, spesso per l’incalzare degli eventi, sono emersi orientamenti ambigui e posizioni discutibili, che rendono opportuna la chiarificazione di aspetti e dimensioni importanti della tematica in questione.
È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia.[12] Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori,[13] come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore. Nel contempo, invocando ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona parte dei cittadini — e tra questi ai cattolici — si chiede di rinunciare a contribuire alla vita sociale e politica dei propri Paesi secondo la concezione della persona e del bene comune che loro ritengono umanamente vera e giusta, da attuare mediante i mezzi leciti che l’ordinamento giuridico democratico mette ugualmente a disposizione di tutti i membri della comunità politica. La storia del XX secolo basta a dimostrare che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell’essere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato.
Sul piano della militanza politica concreta, occorre notare che il carattere contingente di alcune scelte in materia sociale, il fatto che spesso siano moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale di fondo, la possibilità di interpretare in maniera diversa alcuni principi basilari della teoria politica, nonché la complessità tecnica di buona parte dei problemi politici, spiegano il fatto che generalmente vi possa essere una pluralità di partiti all’interno dei quali i cattolici possono scegliere di militare per esercitare — particolarmente attraverso la rappresentanza parlamentare — il loro diritto-dovere nella costruzione della vita civile del loro Paese.[16] Questa ovvia constatazione non può essere confusa però con un indistinto pluralismo nella scelta dei principi morali e dei valori sostanziali a cui si fa riferimento. La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice da cui proviene l’impegno dei cattolici nella politica e questa si richiama direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana. È su questo insegnamento che i laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere certezza che la propria partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le realtà temporali.
La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona.[17] Su questo principio l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi. La struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il rispetto della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica. Come insegna il Concilio Vaticano II, la tutela «dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica».[18]
In questo contesto, è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti. Poiché la fede costituisce come un’unità inscindibile, non è logico l’isolamento di uno solo dei suoi contenuti a scapito della totalità della dottrina cattolica. L’impegno politico per un aspetto isolato della dottrina sociale della Chiesa non è sufficiente ad esaurire la responsabilità per il bene comune. Né il cattolico può pensare di delegare ad altri l’impegno che gli proviene dal vangelo di Gesù Cristo perché la verità sull’uomo e sul mondo possa essere annunciata e raggiunta.
Quando l’azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. E’ questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani. Alla stessa stregua, si deve pensare allatutela sociale dei minori e alla liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo sfruttamento della prostituzione). Non può essere esente da questo elenco il diritto alla libertà religiosa e lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà, secondo il quale «i diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi, e il loro esercizio devono essere riconosciuti».[21] Come non vedere, infine, in questa esemplificazione il grande tema della pace. Una visione irenica e ideologica tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace mentre, in altri casi, si cede a un sommario giudizio etico dimenticando la complessità delle ragioni in questione. La pace è sempre «frutto della giustizia ed effetto della carità»;[22] esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo e richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità politica.
III. Principi della dottrina cattolica su laicità e pluralismo
Questione completamente diversa è il diritto-dovere dei cittadini cattolici, come di tutti gli altri cittadini, di cercare sinceramente la verità e di promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale, la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona. Il fatto che alcune di queste verità siano anche insegnate dalla Chiesa non diminuisce la legittimità civile e la “laicità” dell’impegno di coloro che in esse si riconoscono, indipendentemente dal ruolo che la ricerca razionale e la conferma procedente dalla fede abbiano svolto nel loro riconoscimento da parte di ogni singolo cittadino. La “laicità”, infatti, indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una. Sarebbe un errore confondere la giusta autonomia che i cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde dall’insegnamento morale e sociale della Chiesa.
Con il suo intervento in questo ambito, il Magistero della Chiesa non vuole esercitare un potere politico né eliminare la libertà d’opinione dei cattolici su questioni contingenti. Esso intende invece — come è suo proprio compito — istruire e illuminare la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all’impegno nella vita politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. L’insegnamento sociale della Chiesa non è un’intromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di coerenza per i fedeli laici, interiore alla loro coscienza, che è unica e unitaria. «Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall’altra, la vita cosiddetta “secolare”, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza. Infatti, tutti i vari campi della vita laicale rientrano nel disegno di Dio, che li vuole come “luogo storico” del rivelarsi e del realizzarsi dell’amore di Gesù Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli. Ogni attività, ogni situazione, ogni impegno concreto — come, ad esempio, la competenza e la solidarietà nel lavoro, l’amore e la dedizione nella famiglia e nell’educazione dei figli, il servizio sociale e politico, la proposta della verità nell’ambito della cultura — sono occasioni provvidenziali per un “continuo esercizio della fede, della speranza e della carità”».[25] Vivere ed agire politicamente in conformità alla propria coscienza non è un succube adagiarsi su posizioni estranee all’impegno politico o su una forma di confessionalismo, ma l’espressione con cui i cristiani offrono il loro coerente apporto perché attraverso la politica si instauri un ordinamento sociale più giusto e coerente con la dignità della persona umana.
Nelle società democratiche tutte le proposte sono discusse e vagliate liberamente. Coloro che in nome del rispetto della coscienza individuale volessero vedere nel dovere morale dei cristiani di essere coerenti con la propria coscienza un segno per squalificarli politicamente, negando loro la legittimità di agire in politica coerentemente alle proprie convinzioni riguardanti il bene comune, incorrerebbero in una forma di intollerante laicismo. In questa prospettiva, infatti, si vuole negare non solo ogni rilevanza politica e culturale della fede cristiana, ma perfino la stessa possibilità di un’etica naturale. Se così fosse, si aprirebbe la strada ad un’anarchia morale che non potrebbe mai identificarsi con nessuna forma di legittimo pluralismo. La sopraffazione del più forte sul debole sarebbe la conseguenza ovvia di questa impostazione. La marginalizzazione del Cristianesimo, d’altronde, non potrebbe giovare al futuro progettuale di una società e alla concordia tra i popoli, ed anzi insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civiltà.[26]
La fede in Gesù Cristo che ha definito se stesso «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6) chiede ai cristiani lo sforzo per inoltrarsi con maggior impegno nella costruzione di una cultura che, ispirata al Vangelo, riproponga il patrimonio di valori e contenuti della Tradizione cattolica. La necessità di presentare in termini culturali moderni il frutto dell’eredità spirituale, intellettuale e morale del cattolicesimo appare oggi carico di un’urgenza non procrastinabile, anche per evitare il rischio di una diaspora culturale dei cattolici. Del resto lo spessore culturale raggiunto e la matura esperienza di impegno politico che i cattolici in diversi paesi hanno saputo sviluppare, specialmente nei decenni posteriori alla seconda guerra mondiale, non possono porli in alcun complesso di inferiorità nei confronti di altre proposte che la storia recente ha mostrato deboli o radicalmente fallimentari. È insufficiente e riduttivo pensare che l’impegno sociale dei cattolici possa limitarsi a una semplice trasformazione delle strutture, perché se alla base non vi è una cultura in grado di accogliere, giustificare e progettare le istanze che derivano dalla fede e dalla morale, le trasformazioni poggeranno sempre su fragili fondamenta.
La fede non ha mai preteso di imbrigliare in un rigido schema i contenuti socio-politici, consapevole che la dimensione storica in cui l’uomo vive impone di verificare la presenza di situazioni non perfette e spesso rapidamente mutevoli. Sotto questo aspetto sono da respingere quelle posizioni politiche e quei comportamenti che si ispirano a una visione utopistica la quale, capovolgendo la tradizione della fede biblica in una specie di profetismo senza Dio, strumentalizza il messaggio religioso, indirizzando la coscienza verso una speranza solo terrena che annulla o ridimensiona la tensione cristiana verso la vita eterna.
Nello stesso tempo, la Chiesa insegna che non esiste autentica libertà senza la verità. «Verità e libertà o si coniugano insieme o insieme miseramente periscono», ha scritto Giovanni Paolo II.[27] In una società dove la verità non viene prospettata e non si cerca di raggiungerla, viene debilitata anche ogni forma di esercizio autentico di libertà, aprendo la via ad un libertinismo e individualismo, dannosi alla tutela del bene della persona e della società intera.
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II nell’Udienza del 21 novembre 2002 ha approvato la presente Nota, decisa nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 24 novembre 2002, Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’Universo.
X JOSEPH CARD. RATZINGER
Prefetto
X TARCISIO BERTONE, S.D.B.
Arcivescovo emerito di Vercelli
Segretario
[1] LETTERA A DIOGNETO, 5, 5. Cfr. anche Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2240.
[2] GIOVANNI PAOLO II, Lett. Apost. Motu Proprio data per la proclamazione di San Tommaso Moro Patrono dei Governanti e dei Politici, n. 1, AAS 93 (2001) 76-80.
[3] Ibid, n. 4.
[4] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 31; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1915.
[5] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 75.
[6] GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Christifideles laici, n. 42, AAS 81 (1989) 393-521. Questa nota dottrinale si riferisce ovviamente all’impegno politico dei fedeli laici. I Pastori hanno il diritto e il dovere di proporre i principi morali anche sull’ordine sociale; “tuttavia, la partecipazione attiva nei partiti politici è riservata ai laici” (GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Christifideles laici, n. 60). Cfr. anche CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 31-III-1994, n. 33.
[7] CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 76.
[8] Cfr. ibid, n. 36.
[9] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Decr. Apostolicam actuositatem, n. 7; Cost. Dogm. Lumen gentium, n. 36 e Cost. Past. Gaudium et spes, nn. 31 e 43.
[10] GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Christifideles laici, n. 42.
[11] Negli ultimi due secoli, più volte il Magistero pontificio si è occupato delle principali questioni riguardanti l’ordine sociale e politico. Cfr. LEONE XIII, Lett. Enc.Diuturnum illud, ASS 14 (1881/82) 4ss; Lett. Enc. Immortale Dei, ASS 18 (1885/86) 162ss; Lett. Enc. Libertas praestantissimum, ASS 20 (1887/88) 593ss; Lett. Enc.Rerum novarum, ASS 23 (1890/91) 643ss; BENEDETTO XV, Lett. Enc. Pacem Dei munus pulcherrimum, AAS 12 (1920) 209ss; PIO XI, Lett. Enc. Quadragesimo anno, AAS 23 (1931) 190ss; Lett. Enc. Mit brennender Sorge, AAS 29 (1937) 145-167; Lett. Enc. Divini Redemptoris, AAS 29 (1937) 78ss; PIO XII, Lett. Enc. Summi Pontificatus, AAS 31 (1939) 423ss; Radiomessaggi natalizi 1941-1944; GIOVANNI XXIII, Lett. Enc. Mater et magistra, AAS 53 (1961) 401-464; Lett. Enc. Pacem in terris AAS 55 (1963) 257-304; PAOLO VI, Lett. Enc. Populorum progressio, AAS 59 (1967) 257-299; Lett. Apost. Octogesima adveniens, AAS 63 (1971) 401-441.
[12] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 46, AAS 83 (1991) 793-867; Lett. Enc. Veritatis splendor, n. 101, AAS 85 (1993) 1133-1228; Discorso al Parlamento Italiano in seduta pubblica comune, n. 5, in: L’Osservatore Romano, 15-XI-2002.
[13] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Evangelium vitae, n. 22, AAS 87 (1995) 401-522.
[14] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 76.
[15] Ibid, n. 75.
[16] Cfr. ibid, nn. 43 e 75.
[17] Cfr. ibid, n. 25.
[18] CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 73.
[19] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Evangelium vitae, n. 73.
[20] Ibid.
[21] CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 75.
[22] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2304.
[23] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 76.
[24] GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 1991: “Se vuoi la pace, rispetta la coscienza di ogni uomo”, IV, AAS 83 (1991) 410-421.
[25] GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Christifideles laici, n. 59. La citazione interna è del Concilio Vaticano II, Decreto Apostolicam actuositatem, n. 4.
[26] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, in: L’Osservatore Romano, 11/I/2002.
[27] GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Fides et ratio, n. 90, AAS 91 (1999) 5-88.
[28] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Dich. Dignitatis humanae, n. 1: “Il Sacro Concilio anzitutto professa che Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via, attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo divenire salvi e beati. Crediamo che questa unica vera religione sussista nella Chiesa cattolica”. Ciò non toglie che la Chiesa consideri con sincero rispetto le varie tradizioni religiose, anzi riconosce presenti in esse “elementi di verità e di bontà”. Cfr. CONCILIO VATICANO II, Cost. Dogm. Lumen gentium, n. 16; Decr. Ad gentes, n. 11; Dich. Nostra aetate, n. 2; GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 55, AAS 83 (1991) 249-340; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Dominus Iesus, nn. 2; 8; 21, AAS 92 (2000) 742-765.
[29] PAOLO VI, Discorso al Sacro Collegio e alla Prelatura Romana, in: “Insegnamenti di Paolo VI” 14 (1976), 1088-1089.
[30] Cfr. PIO IX, Lett. Enc. Quanta cura, ASS 3 (1867) 162; LEONE XIII, Lett. Enc. Immortale Dei, ASS 18 (1885) 170-171; PIO XI, Lett. Enc. Quas primas, AAS 17 (1925) 604-605; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2108; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Dominus Iesus, n. 22.
[31] CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 43. Cfr. anche GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Christifideles laici, n. 59.